Crepe nel muro

Die Booth vive a Chester, nel Regno Unito, e si diverte a dipingere quadri ed esplorare luoghi oscuri. @diebooth

Image of General Submissions - Rendez-Vous, July 2019 issue

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Translated by Roberta Scarabelli

«È un palazzo vecchio», disse Becky, quando Peter glielo chiese.
«Ce le hai anche tu, nel tuo appartamento?»
A quel punto lei gli lanciò un'occhiata come se pensasse che lui stesse cercando di strapparle un invito a casa sua, come se quelle non fossero solo chiacchiere di vicini. Come se fosse interessato alle donne, comunque. Arrivata alle scale, si voltò a guardarlo, solo uno sguardo, indecifrabile e strano, e lui lasciò cadere le chiavi. Quando alzò di nuovo lo sguardo, vagamente imbarazzato per la sua goffaggine, lei se n'era andata.

Non appena la luce dell'alba grattò le imposte, Peter si svegliò e le studiò di nuovo: le crepe.
Era difficile non vederle, dato che il suo letto era accostato a filo della parete, il suo naso a pochi centimetri dall'intonaco ingiallito. Forse Becky aveva ragione. Era un palazzo vecchio. Le stanze erano soffuse di un delicato sentore di umidità. All'inizio ne aveva notate solo alcune, ma presto si era accorto che l'intera parete era una ragnatela di linee sottili, come la cavillatura di un quadro antico. Quasi certamente c'era della muffa. Era probabile che lui respirasse spore di muffa giorno e notte. Non sarebbe rimasto sorpreso se gli fosse crollato tutto addosso; un ammasso di fango sotto la pioggia.
Invece no.
Quando era fuori, Peter per lo più si dimenticava delle crepe. Ma di notte diventavano più preoccupanti che mai. Ovviamente era impossibile che fossero visibili nell'oscurità silenziosa, ma era consapevole della loro presenza. Lì sdraiato, mentre respirava l'umidità nel dormiveglia, lo turbavano. Fregiata all'interno delle sue palpebre, un'emicrania di capillari tremolanti.

Le crepe cominciarono a diventare un pensiero fisso.
«Eh?»
«Ho chiesto», Becky tirò fuori le parole in tono paziente, «a cosa stai pensando? Sei lontano mille miglia.»
Mille miglia. Perso. Peter lo avvertì, richiamato dall'insinuazione nella voce di Becky. Un improvviso e irrazionale senso di colpa per essere stato sorpreso da una persona reale a pensare alle crepe. Improvvisò un debole sorriso. «Può darsi che io abbia bisogno di occhiali.»
La guardò, ferma sulla soglia della porta accanto, la borsa della spesa ai suoi piedi. Il suo cipiglio era perfettamente a fuoco mentre lei diceva: «Ah. Capita a tutti. L'età. Giusto?».
«Giusto. Sì.»
Gli ottici lo dissero chiaro e tondo. Non aveva bisogno di occhiali. Fecero i controlli per il glaucoma e il distacco della retina, lesioni e cataratte, ma confermarono solo 20/20 di vista.
Sdraiato sotto le lenzuola, osservava le pareti. Le crepe sembravano pulsare, come se il palazzo respirasse lievemente. Sollevando una mano, Peter fece scorrere un'unghia sull'intonaco. Sembrava liscio. Intatto. Fece scivolare il bordo dell'unghia del pollice lungo il percorso di una crepa, cercando di infilarvela, ma inutilmente. La fessura era troppo sottile. Anche quando iniziò a grattarla, non riuscì a trovare appigli. Doveva essere solo il frutto della sua immaginazione. Eppure... Si avvicinò di più, cullato dal ronzio invisibile nell'aria, finché toccò la parete con il naso, con la fronte, finché fu abbastanza vicino da sfiorare la pittura con le ciglia, ma le crepe erano ancora lì, perfettamente a fuoco, che correvano in profondità nelle pareti, più profonde delle pareti... Si ritrasse di scatto, con il cuore che martellava e i palmi sudati. Intorno a lui, le crepe si ritirarono, dentro la struttura dell'edificio e oltre, fuori nell'aria... Peter serrò forte le palpebre e gemette. La notte si allungò. Alla fine fu abbastanza sfinito da addormentarsi.
Il mattino lo scosse come un sogno cupo. Per un attimo credette di sognare. Poi capì. Quella sensazione che provava, di essere osservato. Non da occhi oltre le crepe: le crepe stesse erano occhi, che succhiavano la sua esistenza con il loro sguardo vacuo, e scorrevano più in profondità di quattro semplici dimensioni. Peter si coprì il viso con le mani.

Le crepe erano ovunque.

Erano nell'aria.
Fuori non c'era scampo. Si allargavano come ragnatele, attirandolo dentro. Bisecavano il tempo.

Il mondo, il pianeta si stava incrinando.
«Sei pallido come la morte.» Becky raccolse il giornale gratuito dallo zerbino e incrociò le braccia, guardandolo con diffidenza. «Sei malato o cosa?»
La morte. D'un tratto sembrava un concetto remoto. Peter rimase a bocca aperta. L'aria si gonfiò. «Ma non le vedi?» La voce risuonò affannata, non sua.
«Vedo cosa?»
«Le crepe.» Fece il gesto di afferrare lo spazio, i filamenti del nulla che tessevano quel qualcosa. «Sta cadendo tutto a pezzi.»
«Non c'è niente lì», disse Becky, mentre un sottile filo di vuoto si staccava lentamente dalla sua fronte.

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