Alla ricerca di Memphis

Ann Sutherland è una romanziera e saggista, originaria di Edmonton, in Canada.

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Translated by Roberta Scarabelli

«Che malumore...» sussurra mia madre a zia Arlene, abbastanza forte perché io la senta. «Sono quegli ormoni adolescenziali.»

Lancio un'occhiataccia alla sua nuca. Anche lei sarebbe di malumore se fosse responsabile della morte di Elvis Presley.

«Shhhh», la rimprovera zia Arlene. «Ascolta.»

Sono sedute sul divano nella roulotte dove abito con mia madre, e mi soffocano con il fumo di sigaretta e il dolore. Mia cugina Lisa è stravaccata sulla poltrona. Non ha spiccicato parola per tutto il pomeriggio. Insieme guardiamo in TV le immagini flash di fan scioccati e in lacrime. Non accenno minimamente al crepacuore che ho scatenato.

Vivendo in un parcheggio per roulotte ai margini di una grigia città della prateria, sono circondata dai fan di Elvis. Mia madre ha tutti i suoi album, guarda tutti i suoi film. La zia Arlene, che vive tre roulotte più in là con Lisa, è andata persino a Las Vegas per vederlo in carne e ossa, ed è tornata a casa con uno strass caduto dal suo vestito. E Lisa si vanta sempre di avere lo stesso nome della figlia di Elvis.

Mesi fa, visto che non aveva soldi, Lisa mi ha fatto comprare una biografia di Elvis in paperback economico. L'abbiamo letta insieme sul mio letto mentre succhiavamo caramelle dure e ascoltavamo la classifica dei successi alla radio... successi che non includono mai brani di Elvis.

Poi è successo. D'un tratto ho capito che non mi piaceva Elvis. Ma proprio per niente. Così ieri, il terzo giorno di un'ondata di caldo d'agosto e due settimane prima del mio quattordicesimo compleanno, mi sono seduta in camera mia tenendo il libro di Elvis in una mano e le forbici nell'altra. Ho tagliato ogni pagina, prima a metà al centro, poi lungo il dorso. Ho guardato le pagine, tutte 218, che cadevano fluttuando sul tappeto arancione.

Oggi pomeriggio ho scoperto che Elvis è morto. L'ho ucciso io, pagina dopo pagina.

Ho pensato che funziona un po' come la magia voodoo. A ogni colpo ho scatenato la mia antipatia, il mio malcontento, la mia irrequietezza. Sono volati fuori dalla mia stanza e sono stati trasportati in alto dai caldi venti di agosto, sopra la prateria dell'Alberta. Si sono intrufolati inosservati oltre il confine nel Montana, hanno attraversato stati che non ho mai visto, poi sono scivolati sull'arcobaleno da qualche parte nel Kansas di Dorothy, sfrecciando nel Tennessee alla ricerca di Memphis, irrompendo a Graceland. E, infine, nel cuore stesso di Elvis.

La TV manda altre immagini. «Il mondo non sarà più lo stesso», si lamenta un fan.

Mia madre annuisce in segno di assenso. «Non posso credere che se ne sia andato.»

«Lunga vita al re», proclama sommessamente zia Arlene.

Lisa s'illumina, ricordando all'improvviso. Balza in piedi sulla poltrona e parla per la prima volta. «Ehi, Pam» mi dice. «Dov'è quel libro di Elvis?»

Senza rispondere, corro fuori nel caldo del pomeriggio.

Oltre le file di roulotte vecchie e di furgoni polverosi, guardo il giallo succoso di un campo di colza. Una brezza di benvenuto mi solleva i capelli. Le foglie dei pioppi svolazzano. Sta avvenendo un cambiamento. Lo so.

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