Jake era sdraiato al buio, il sole che filtrava da sotto le tapparelle... e pensava perché mai avrebbe dovuto alzarsi dal letto. Non doveva andare da nessuna parte né vedere nessuno, e nessuno sarebbe venuto a trovarlo. Probabilmente non avrebbe ricevuto posta e il telefono non avrebbe squillato. Uscendo sulla veranda per ritirare il giornale, pensò di annullare l’abbonamento: comunque c’erano quasi sempre brutte notizie. Vedendo la data, rimase sorpreso. Aveva dimenticato che era il suo compleanno. «Oh, be’», borbottò pensando che quel giorno sarebbe stato uguale agli altri: niente di speciale. Si preparò una tazza di caffè solubile e si sedette a leggere il giornale, continuando a chiedersi: Perché mi sono trasferito qui dalla campagna? Questo piccolo trilocale è piuttosto brutto. Non aveva tende, la tappezzeria strappata si staccava dalle pareti, le tubature erano arrugginite, i rubinetti perdevano e c’era un bisogno urgente di un’imbiancata. Fuori c'erano aiuole secche, per lo più erbacce, ormai. Nemmeno gli uccelli si avvicinavano e, la cosa più brutta di tutte, quel vecchio cartellone pubblicitario rotto così vicino alla casa. Il tizio dell’immobiliare aveva detto che il prezzo della casa e del terreno includevano anche quello. Ma lui non sapeva cosa farsene, a parte farlo rimuovere. Dopo aver bevuto il caffè, iniziò a svuotare qualche scatolone, ma era stanco e senza energie.
Un colpo alla porta lo fece sussultare, poiché non aveva ancora sentito nessuno bussare. Andò ad aprire e vide un bambino. «Ciao, signore» gli disse.
«Ciao», rispose Jake.
«È tuo quel cartellone?» chiese il bambino indicandolo.
Jake esitò. «Be’, sì... credo di sì.»
«Bene, c’è scritto che è in affitto. Posso affittarlo per tutta la domenica?»
«Per tutta la domenica?» chiese Jake, che non aveva nemmeno notato il piccolo cartello di affittasi in un angolo del cartellone. «E per farci cosa?»
«Domenica mattina la mia mamma torna a casa dall’ospedale. Era malata ed è stata operata. Sono contento che non è morta come il papà. Lui è morto in ospedale quando ero piccolo. Mio fratello... lui ha 15 anni e ha risparmiato abbastanza soldi dal suo lavoro al supermercato per comprare i fiori alla mamma. Io non ho un lavoro, ho solo 8 anni. Ma raccogliendo lattine e bottiglie ho preso 2,75 dollari, così se posso affittare il cartellone li darò a te, per metterci un cartello con scritto “Bentornata a casa, mamma”. Il suo letto è rivolto verso la finestra... Potrebbe vederlo tutto il tempo.»
«Scommetto che alla tua mamma farà molto piacere», rispose Jake. «Che ne dici di darmi solo un dollaro?» Non voleva prendere i soldi del bambino, ma sapeva quanto fosse importante fargli sentire che stava facendo qualcosa di bello. «Puoi usare il resto per comprare qualcos’altro.»
Il viso del bambino s’illuminò. «Caspita, grazie, signore. Torno domani... adesso devo andare a scuola.»
Jake gli gridò dietro: «Come ti chiami?»
«Pete... Pete Murtso.»
«Bene», mormorò Jake tra sé, «piacere di conoscerti, Pete.»
Jake decise di fare colazione, dopotutto, e magari svuotare qualche altro scatolone. Non era stanco come pensava.
Il sabato mattina Jake si alzò presto. Quando aprì la porta per prendere il giornale, c’era il piccolo Pete seduto sul gradino della veranda. «Buongiorno Pete», gli disse. «Ti sei alzato presto.»
«Sì, volevo portarti i miei soldi prima che qualcun altro affittasse il cartellone.»
Magari, pensò Jake. «Hai già fatto colazione?»
«No», rispose Pete. «Mio fratello dorme fino a tardi il sabato. Non mi piace mangiare i cereali da solo.»
«Sai una cosa», disse Jake, «neanche a me piace mangiare da solo. Dai, entra. Faremo colazione insieme.»
«Certo!» strillò Pete, ed entrò saltellando nella minuscola cucina. «Ragazzi, che casa grande che hai!»
«Grande, dici?» esclamò Jake.
«Sì», rispose Pete, «noi abbiamo solo due stanze. Mia madre dorme in camera da letto e io e mio fratello sul divano in soggiorno... Be’, in realtà è anche la cucina.»
«Forse hai ragione, Pete. Questa casa è troppo grande solo per me. Ti piacciono le uova strapazzate?» chiese Jake.
«Certo! Con il ketchup. Ce l’hai il ketchup?»
«Penso di sì, guarda nel frigo.»
Pete corse al frigorifero, trovò il ketchup e lo mise sul tavolo. «Vuoi che apparecchi la tavola?» chiese. «Sono capace!»
«Sai cosa ti dico», propose Jake, «in bagno c’è un vecchio sgabello di legno. Vai a prenderlo così puoi arrivare agli armadietti e trovare quello che ti serve per apparecchiare, okay?»
«Ma certo», disse Pete.
Fecero una bella colazione, poi Pete infilò la mano nella giacca e tirò fuori un biglietto sgualcito da un dollaro. «Quasi dimenticavo. Ecco i soldi per il cartellone. Posso affittarlo tutto il giorno domenica, quando la mamma torna a casa, giusto?» chiese.
«Giusto», rispose Jake. «Come pensi di fare il cartello?»
«Mio fratello ha trovato della vecchia carta per foderare le mensole, al negozio. Il suo capo ha detto che poteva prenderla, così me l’ha data. Con il resto dei miei soldi ho comprato un pennarello rosso. Stavo per prenderne uno blu, ma il rosso è un colore più allegro, vero?»
«Sì», disse Jake ridendo, «il rosso è proprio un colore più allegro, Pete. Va’ a prendere la carta, intanto lavo i piatti e poi ti aiuto con il cartello.»
«Meno male!» gridò Pete mentre correva fuori dalla porta. «Non ero sicuro di come si scrivessero le parole.»
Jake stava sorridendo mentre metteva via l’ultimo piatto quando Pete irruppe dalla porta con la carta. La srotolarono sul pavimento della cucina, sistemando una sedia sopra le due estremità per tenerla ferma.
«Come si scrive “bentornata”?» chiese Pete.
Jake compitò le lettere mentre Pete le scriveva, cercando di renderle perfette. Dopo che ebbe finito, disse: «Sai, non credo che la mamma lo vedrà... è troppo piccolo».
«Aspetta un attimo», disse Jake, poi sparì in camera da letto e tornò con un sacchetto. «Ho questo nastro adesivo speciale che s’illumina al buio. Possiamo usarlo per scrivere le lettere».
Lavorarono insieme formando tutte le lettere. Jake trovò dei vecchi fiori finti in uno scatolone da aggiungere al cartello.
«Sarà fantastico!» gridò Pete.
Jake prese dei chiodi e un martello, e appesero il cartello inchiodando i fiori in fondo, dove potevano arrivare con la scaletta di Jake. Finito, si sedettero fianco a fianco nella piccola veranda di Jake.
«Quanti anni hai, signor Jake?» chiese Pete.
«Settantacinque... ieri.»
«È venuto a trovarti... qualcuno per il tuo compleanno? Voglio dire...» chiese Pete esitante.
«Non ho più nessuno. Mia moglie è morta sei anni fa e mio figlio è rimasto ucciso nell’esercito», rispose Jake fissando il vuoto. Poi si alzò. «Mettiamo a posto adesso.»
Rimasero a guardare insieme il cartellone. «Un po’ mi fa sentire bene averlo fatto, non è vero, signor Jake?» disse Pete.
Jake sorrise e disse: «Certo, Pete».
«Adesso devo andare... devo aiutare mio fratello a fare le pulizie per quando la mamma arriva a casa.» Poi voltandosi disse: «Signor Jake... pensi che potrei prendere in prestito il tuo sgabello? Dovrei usarlo... ehm... per fare una cosa».
«Ma certo», rispose Jake.
Pete corse fuori portando lo sgabello, grande quasi quanto lui.
La domenica mattina Jake si svegliò e uscì a prendere il giornale. Fu sorpreso di vedere il suo sgabello nella veranda. Era dipinto di un giallo molto brillante. Sopra c’era un foglio con le parole:
Buon complianno
Spero ti piace
Anche il gialo è un colore allegro
Sei simpatico, signor jake
Il tuo amico Pete
Jake portò dentro lo sgabello. Sì, pensò, con le lacrime agli occhi, anche il giallo è un colore allegro. Sentì un calore dentro che non provava da anni. Forse gli sarebbe piaciuto vivere lì, in fondo... in quel quartiere pieno di colori allegri.